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La Malattia di Alzheimer e le differenze di Genere

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“Nell’evoluzione, l’uomo e la donna hanno svolto ruoli differenti e per questo si sono realizzati adattamenti neurobiologici diversi tra i due sessi. Lo studio delle differenze biologiche tra uomo e donna contribuisce ad aumentare sia l’appropriatezza che l’efficacia delle terapie nel trattamento di determinate patologie come quelle del Sistema Nervoso”.

La morte delle cellule nervose (neuroni) conduce ad una varietà di sintomi clinici tra cui la demenza, con riduzione delle facoltà cognitive e disturbi comportamentali. La forma clinica di demenza più frequente in entrambi i sessi è la demenza di Alzheimer.
I soggetti affetti presentano problemi di memoria, linguaggio, ragionamento, cambiamenti della personalità inizialmente lievi. Ad uno stadio intermedio, si verifica un peggioramento graduale dei deficit di memoria, fino al declino talora irreversibile delle facoltà cognitive della persona
La malattia di Alzheimer: si manifesta generalmente dopo i 65 anni, anche se non è raro l’esordio in persone più giovani. La sua prevalenza in Europa è stimata al 5% Risulta più frequente nel sesso femminile: si calcola che il 5.2 % degli uomini ultra 65enni sia affetto da demenza di Alzheimer contro il 7.5 % delle donne. [66]. Queste differenze di genere potrebbero essere dovute ad una più alta longevità delle donne, ma non è solo questo il fattore coinvolto. Le donne, infatti, hanno una maggior frequenza di diabete, obesità e altre condizioni che sono fattori di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Inoltre, le donne hanno sintomi comportamentali associati alla demenza diversi rispetto agli uomini come una predominanza della depressione, mentre l’aggressività è più tipica negli uomini.
La spiegazione biologica di queste differenze, risiede tra l’altro in una diversa morfologia e funzionalità del cervello stesso che hanno importanti conseguenze sulle facoltà cognitive e sul comportamento.

Possibili nuovi marcatori per la diagnosi di Demenza

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Le demenze rappresentano una serie complessa di malattie croniche che portano alla degenerazione progressiva e irreversibile del sistema nervoso centrale e compromettono le capacità delle funzioni cognitive. I sintomi associati alla demenza sono rappresentati da una più o meno veloce perdita della memoria, molto spesso accompagnata da alterazioni della personalità e del comportamento che possono variare da individuo a individuo. Tali manifestazioni sono in grado di compromettere l’autonomia delle persone fino ad interferire con il normale svolgimento delle attività quotidiane, della cura personale, delle attività lavorative e delle relazioni inter-personali.
Le cause rimangono a tutt’oggi ancora sconosciute, ma sono stati identificati alcuni fattori che sembrano predisporre l’individuo: fra questi, i più comuni sono l’età e la storia familiare. È noto, inoltre, che la sintomatologia clinica della demenza è preceduta da una serie di modificazioni biochimiche che sembrano iniziare molti anni prima della diagnosi, durante i quali un individuo appare asintomatico (fase preclinica). In questo ambito è di fondamentale importanza l’individuazione di marcatori genetici, molecolari e/o biochimici in grado di predire l’evoluzione di un individuo verso l’esordio della demenza.
Fino ad oggi i marcatori più studiati sono quelli liquorali cioè individuati in un fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale (compreso anche il midollo spinale) e che necessita di una puntura lombare piuttosto invasiva per poterlo prelevare. Il nostro obiettivo, invece, è quello di trovare un marcatore utilizzando un prelievo di sangue che risulta più semplice da effettuare da parte del medico e meno invasivo per il paziente. Questo ci permetterebbe di sviluppare un test in grado di rilevare un cambiamento nel sangue associato alla malattia.

La nostra ipotesi è che piccole molecole presenti nel sangue (microRNA) possano essere utilizzate per discriminare pazienti con demenza da controlli sani e per effettuare una diagnosi differenziale tra i vari tipi di demenze. A tal proposito abbiamo condotto uno studio caso-controllo su pazienti affetti da demenza e relativi controlli neurologicamente sani. Dall’analisi dei dati è emerso che alcuni microRNA possono essere utilizzati per aiutare la diagnosi di un particolare tipo di demenza che è chiamata Demenza Frontotemporale e che, in particolare, un miR è in grado di discriminare tra questa demenza e la demenza di Alzheimer.
Se i risultati su queste molecole saranno validati in uno studio più ampio potremmo utilizzare questo indicatore biologico per diagnosticare più facilmente alcuni tipi di demenza ed eventualmente per valutare l’efficacia di nuovi farmaci in via di sperimentazione.
 
Auxilia Finance insieme ad ALANonlus promuove la ricerca per la lotta all'Alzheimer

Auxilia Finance insieme ad ALANonlus promuove la ricerca per la lotta all’Alzheimer

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La società di mediazione creditizia finanzia progetti di ricerca e assistenza per combattere la malattia degenerativa del cervello

L’incremento delle aspettative di vita comporta sempre più un aumento della frequenza di due patologie che affliggono gli italiani. Oggi le demenze e il deterioramento progressivo delle funzioni cognitive e il cancro sono tra le cause più diffuse di disabilità nella popolazione e combattere l’Azheimer è ormai una priorità per la sanità pubblica nazionale. L’Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa, legata al deterioramento progressivo delle cellule cerebrali che colpisce oggi 35 milioni di persone nel mondo, di cui circa 600mila solo in Italia e le previsioni evidenziano una crescita impressionante: nel 2030 nel mondo sono previsti ben 65,7 milioni di casi e nel 2050 le previsioni arrivano a 115,4 milioni soggetti affetti dalla malattia.

“Per combattere e prevenire l’Alzheimer i cui costi assistenziali globali ammontano al 1% del Pil mondiale – dichiara Samuele Lupidii Ceo di Auxilia Finance – si rende necessario scommettere sempre più su progetti di ricerca e assistenza che possano dare utili risultati concreti in tempi brevi per combattere una malattia terribile che comporta una condizione inesorabilmente progressiva ed invalidante per chi ne è affetto. Per questo, come primi partner di ALANonlus, abbiamo deciso di finanziare nel 2015 due progetti importanti di ricerca e assistenza che potranno prevenire e curare l’Azheimer”.

A darne la notizia nel corso della Convention annuale di Auxilia Finance a Roma è stato Samuele Lupidii, amministratore delegato della società di mediazione creditizia, insieme al fondatore Prof. Giuseppe Bruno dell’associazione senza scopo di lucro ALANonlus che ha illustrato ad una platea di oltre 300 consulenti del credito e dirigenti di importanti istituti di credito le ragioni e gli obiettivi della ricerca. Il progetto pilota, finalizzato al riconoscimento precoce della malattia di Azheimer, prevede lo sviluppo di un test non invasivo che studierà gli indicatori molecolari (microRna) monitorando la progressione della malattia e gli effetti sull’organismo, verificando inoltre l’efficacia di cure farmacologiche esistenti o nuove. Auxilia Finance supporterà ALANonlus anche nell’attività di prevenzione ed assistenza attraverso strategie ricreative/occupazionali dedicate a soggetti con deterioramento cognitivo lieve .

ALANonlus è un’associazione senza scopo di lucro fondata da Giuseppe Bruno, professore di Neurologia cognitiva e docente del corso di Malattie del Sistema Nervoso de La Sapienza, e dalla dottoressa Anna Maria Confaloni, prima ricercatrice del dipartimento di Biologia cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità. L’onlus opera nell’ambito dell’assistenza sociale e nell’attività clinico assistenziale nella cura dell’Alzheimer, oltre che per la promozione della ricerca nelle neuroscienze. I fondi raccolti saranno destinati ad una pluralità di progetti.

“Parlare di prevenzione oggi è possibile perché, controllando quelli che sono i fattori di rischio della malattia, è possibile ridurre del 30% il numero dei soggetti che svilupperanno la malattia stessa. La prevenzione è importante sia per l’impatto sulle famiglie, sia per l’impatto sul sistema socio sanitario”, spiega il professore Giuseppe Bruno, fondatore di ALANonlus. I fondi saranno destinati anche alla ricerca in ambito genetico e convogliati su progetti già avviati dall’Istituto Superiore di Sanità. Un ultimo progetto che vorremmo realizzare con nuovi partner sarà destinato a sviluppare servizi presso l’università La Sapienza, come la possibilità di aprire un telefono amico e un consultorio familiare per i pazienti e i loro familiari.

Aiutare la ricerca in questo momento è molto importante, proprio perché la scienza medica sta realizzando passi avanti notevoli in questo settore: “Studi recenti hanno mostrato come è possibile far crescere in un particolare ambiente di laboratorio cellule che producano le caratteristiche alterazioni della malattia – spiega il professor Giuseppe Bruno – Questo permetterà di realizzare terapie i cui effetti sulle cellule possono immediatamente essere valutati. Ci auguriamo che anche i partner bancari di Auxilia Finance potranno partecipare nei prossimi mesi alla raccolta fondi per l’attività di prevenzione ed assistenza messe in campo dall’associazione ALANonlus”.