April 2018 - Alanonlus

La Malattia di Alzheimer e le differenze di Genere

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“Nell’evoluzione, l’uomo e la donna hanno svolto ruoli differenti e per questo si sono realizzati adattamenti neurobiologici diversi tra i due sessi. Lo studio delle differenze biologiche tra uomo e donna contribuisce ad aumentare sia l’appropriatezza che l’efficacia delle terapie nel trattamento di determinate patologie come quelle del Sistema Nervoso”.

La morte delle cellule nervose (neuroni) conduce ad una varietà di sintomi clinici tra cui la demenza, con riduzione delle facoltà cognitive e disturbi comportamentali. La forma clinica di demenza più frequente in entrambi i sessi è la demenza di Alzheimer.
I soggetti affetti presentano problemi di memoria, linguaggio, ragionamento, cambiamenti della personalità inizialmente lievi. Ad uno stadio intermedio, si verifica un peggioramento graduale dei deficit di memoria, fino al declino talora irreversibile delle facoltà cognitive della persona
La malattia di Alzheimer: si manifesta generalmente dopo i 65 anni, anche se non è raro l’esordio in persone più giovani. La sua prevalenza in Europa è stimata al 5% Risulta più frequente nel sesso femminile: si calcola che il 5.2 % degli uomini ultra 65enni sia affetto da demenza di Alzheimer contro il 7.5 % delle donne. [66]. Queste differenze di genere potrebbero essere dovute ad una più alta longevità delle donne, ma non è solo questo il fattore coinvolto. Le donne, infatti, hanno una maggior frequenza di diabete, obesità e altre condizioni che sono fattori di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Inoltre, le donne hanno sintomi comportamentali associati alla demenza diversi rispetto agli uomini come una predominanza della depressione, mentre l’aggressività è più tipica negli uomini.
La spiegazione biologica di queste differenze, risiede tra l’altro in una diversa morfologia e funzionalità del cervello stesso che hanno importanti conseguenze sulle facoltà cognitive e sul comportamento.

Possibili nuovi marcatori per la diagnosi di Demenza

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Le demenze rappresentano una serie complessa di malattie croniche che portano alla degenerazione progressiva e irreversibile del sistema nervoso centrale e compromettono le capacità delle funzioni cognitive. I sintomi associati alla demenza sono rappresentati da una più o meno veloce perdita della memoria, molto spesso accompagnata da alterazioni della personalità e del comportamento che possono variare da individuo a individuo. Tali manifestazioni sono in grado di compromettere l’autonomia delle persone fino ad interferire con il normale svolgimento delle attività quotidiane, della cura personale, delle attività lavorative e delle relazioni inter-personali.
Le cause rimangono a tutt’oggi ancora sconosciute, ma sono stati identificati alcuni fattori che sembrano predisporre l’individuo: fra questi, i più comuni sono l’età e la storia familiare. È noto, inoltre, che la sintomatologia clinica della demenza è preceduta da una serie di modificazioni biochimiche che sembrano iniziare molti anni prima della diagnosi, durante i quali un individuo appare asintomatico (fase preclinica). In questo ambito è di fondamentale importanza l’individuazione di marcatori genetici, molecolari e/o biochimici in grado di predire l’evoluzione di un individuo verso l’esordio della demenza.
Fino ad oggi i marcatori più studiati sono quelli liquorali cioè individuati in un fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale (compreso anche il midollo spinale) e che necessita di una puntura lombare piuttosto invasiva per poterlo prelevare. Il nostro obiettivo, invece, è quello di trovare un marcatore utilizzando un prelievo di sangue che risulta più semplice da effettuare da parte del medico e meno invasivo per il paziente. Questo ci permetterebbe di sviluppare un test in grado di rilevare un cambiamento nel sangue associato alla malattia.

La nostra ipotesi è che piccole molecole presenti nel sangue (microRNA) possano essere utilizzate per discriminare pazienti con demenza da controlli sani e per effettuare una diagnosi differenziale tra i vari tipi di demenze. A tal proposito abbiamo condotto uno studio caso-controllo su pazienti affetti da demenza e relativi controlli neurologicamente sani. Dall’analisi dei dati è emerso che alcuni microRNA possono essere utilizzati per aiutare la diagnosi di un particolare tipo di demenza che è chiamata Demenza Frontotemporale e che, in particolare, un miR è in grado di discriminare tra questa demenza e la demenza di Alzheimer.
Se i risultati su queste molecole saranno validati in uno studio più ampio potremmo utilizzare questo indicatore biologico per diagnosticare più facilmente alcuni tipi di demenza ed eventualmente per valutare l’efficacia di nuovi farmaci in via di sperimentazione.